da Documento

Amelia Rosselli

Vorrei donarti il mio sangue tutto
Ma esso corre in piccoli inestricabili
rivoletti, e non graffia la tua porta
d’entrata con abbastanza tenerezza
per tenerci a galla.
 
O forse sei qua ad accompagnarmi? Ne
ho perso le vie anch’io di questa tua
triste casa. Non vedo altro che luci
e tramonti che a me sembrano diabolici.
 
Hai rime intense per me, non posso
provvedere al caso che tramite questo
tuo essere re delle mie giornate.
 


*

Pietre tese nel bosco: hanno piccoli
amici, le formiche ed altri animali
che non so riconoscere. Il vento non
spazza via il sasso, quelle fosse, quei
resti d’ombra, quel vivere di sogni
pesanti.
 
Resti nell’ombra: ho un cuore che scotta
e poi si sfalda per ingenuamente ricordarsi
di non morire.
 
Ho un cuore come quella foresta: tutta
sarcastica a volte, i suoi rami lordi
discendono sulla testa a pesarti.
 
 

Insonnia
 
I miei occhi che non s’aprono, dal
sonno o dalla tortura, ed invece eccoti
qua, a scegliere un’altra via: la medicina
per non addormentarti.
 
I miei occhi sembrano pieni di sabbia
tanto ha fatto l’alba svegliandosi
e costretta a riparare guasti, ha lanciato
motivi d’appello; per non svegliarsi
ma invece sono le cinque ogni giorno
 
prima che la notte ti conosca in piedi
o assorto nel sonno.
 
 
 
*
 
Uno strepitare svelto di ali smorzate
questo incesto non
si ha da fare.
 
Nel cavo della mano rimane
solo un fluorescente pensarsi?
 
Le scienze
naturali e colte
il mio grido di fanciulla senza colomba.
 


*
 
Ho sognato visite di parenti
maldestre donne e sindacati
mi congiungo a chi vive più vivo di me
sviscerare le piante, emettere un grido.
 
Poi dimostrarsi inadatti alla causa
mentre balenano pidocchi
scrittore in povertà, la mente
disturbata da nonsensi.
 
Come una bestia le tue indulgenze, e
i cuscini affondavano comodamente
in una specie di clausola senza causa
senza emettere un suono.
 
Mentre fiaschi di vino e trappole usuali
strizzavano l’occhio a tanta verginità
ed ora annaspa nel retrocampo
umiliandosi le mani.