Nel Bosco
Elisa Biagini
in sogno
mi pareggi le unghie
coi tuoi denti: mi ha fatta
e mi puoi sfare,
un boccone
alla volta.
(ciò che voglio di
te è il rumore,
quella parte
incontrollata di
messaggio,
lettera
che io posso
combinare oppure
macchie di suono
come Rorschach.)
(dopo)
sgusciata dal
mio primo cappotto,
sbucciata all'
ossigeno, al
suono, spellata di
placenta (una sorella),
questa mia pelle che
mi sbadiglia
infuori.
io, una bolla
di latte che
nel tuo
movimento si
fa burro
(noi, 4 gambe,
4 occhi, visione
laterale come
i polli, cinemascope)
io, che risalgo come
pesce a pelo d'acqua,
affacciata dall'
oblò della
tua bocca.
incinta dalla
mia mano,
di metri
d'unghie,
di ciglia:
il mio uovo
ha due gusci,
matrioska.
(Questo tuorlo
è la nostra
sorpresa.)
faccio
i compiti
ogni giorno col
mio Das:
1 fegato,
2 reni, mi
faccio 5
dita ed
una coda-
pinna,
per
tutta quest'acqua.
in questa serra
già sudo di
cellule scadute,
mattonelle sbeccate
che chiudono la
vista: l'ombelico,
serratura del
mondo.
la sfoglia
trasparente
di mia pelle,
come ghiaccio
che si fa come
croccante,
(da
lasciarceli i
denti).
col sudore
del pianto, un
continuo battesimo
di buio, sono
come glassata,
torta
nella vetrina.
se questo corpo
cavo è lente che
deforma, quale
alfabeto ci leggi
su quel vetro?
oltre il
mosaico dei
denti, questa
mia bocca è
spazio negativo,
specchio di
scuro dell'uovo,
calamita del
fiato del
fiori.
coperta di
nebbia di farina,
camaleonte nel
latte, trattengo il
respiro e chiudo
i chicchi di luce,
sperando
che passino
oltre.
e oggi ascolto
il suono alle
tue vertebre,
lo spazio interno
alle
parole,
lucciole di
questo mio
buio.
mi pareggi le unghie
coi tuoi denti: mi ha fatta
e mi puoi sfare,
un boccone
alla volta.
(ciò che voglio di
te è il rumore,
quella parte
incontrollata di
messaggio,
lettera
che io posso
combinare oppure
macchie di suono
come Rorschach.)
(dopo)
sgusciata dal
mio primo cappotto,
sbucciata all'
ossigeno, al
suono, spellata di
placenta (una sorella),
questa mia pelle che
mi sbadiglia
infuori.
io, una bolla
di latte che
nel tuo
movimento si
fa burro
(noi, 4 gambe,
4 occhi, visione
laterale come
i polli, cinemascope)
io, che risalgo come
pesce a pelo d'acqua,
affacciata dall'
oblò della
tua bocca.
incinta dalla
mia mano,
di metri
d'unghie,
di ciglia:
il mio uovo
ha due gusci,
matrioska.
(Questo tuorlo
è la nostra
sorpresa.)
faccio
i compiti
ogni giorno col
mio Das:
1 fegato,
2 reni, mi
faccio 5
dita ed
una coda-
pinna,
per
tutta quest'acqua.
in questa serra
già sudo di
cellule scadute,
mattonelle sbeccate
che chiudono la
vista: l'ombelico,
serratura del
mondo.
la sfoglia
trasparente
di mia pelle,
come ghiaccio
che si fa come
croccante,
(da
lasciarceli i
denti).
col sudore
del pianto, un
continuo battesimo
di buio, sono
come glassata,
torta
nella vetrina.
se questo corpo
cavo è lente che
deforma, quale
alfabeto ci leggi
su quel vetro?
oltre il
mosaico dei
denti, questa
mia bocca è
spazio negativo,
specchio di
scuro dell'uovo,
calamita del
fiato del
fiori.
coperta di
nebbia di farina,
camaleonte nel
latte, trattengo il
respiro e chiudo
i chicchi di luce,
sperando
che passino
oltre.
e oggi ascolto
il suono alle
tue vertebre,
lo spazio interno
alle
parole,
lucciole di
questo mio
buio.